Focus: garantire la zona di lavoro dell'agente è una questione di correttezza e buona fede


Focus: garantire la zona di lavoro dell'agente è una questione di correttezza e buona fede

Autore: Egidio Paolucci

Esiste un contrappeso che deve governare e garantire il rapporto di equilibrio contrattuale tra l’agente e la preponente, quando quest’ultima decide di esercitare il diritto di modificare la zona assegnata all’agente; tale contrappeso è rappresentato dal rispetto del principio di correttezza e buona fede.

Lo ha affermato il Giudice del Lavoro del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in una recente decisione, emessa a favore delle ragioni di un agente commerciale che aveva subito, per ben tre volte nel corso di due anni, la unilaterale variazione della propria zona di lavoro da parte della preponente, sempre con motivazioni dettate da esigenze aziendali, strettamente dipendenti dalla ricerca di una migliore e più produttiva organizzazione dei propri interessi.

La decisione ci offre lo spunto per osservare che quando ci si trova di fronte agli interessi contrapposti dell’agente (a mantenere integra la propria zona di lavoro) e della preponente (a migliorare la propria organizzazione e produttività di impresa), si affronta inevitabilmente una questione delicata e di straordinaria attualità.

L’esigenza è quella di governare il sottile equilibrio tra il principio fondamentale dei contratti di diritto comune, secondo cui di norma non sono possibili modifiche se non con l’accordo di tutti i contraenti (pacta servanda sunt) e l’esigenza dell’impresa di garantirsi la migliore organizzazione, quando mutano le necessità e le condizioni di mercato (racchiusa nel diritto costituzionale alla libera impresa).

Tale equilibrio è bene interpretato dall’art. 2 degli accordi economici collettivi per gli agenti commerciali[1], che disciplina l’esercizio da parte della preponente del diritto potestativo a variare (anche unilateralmente e senza consenso) la zona di lavoro assegnata all’agente, purchè tale variazione sia sopportabile e poco incisiva, ovvero sia lieve.

Al di fuori del caso di lieve entità, la norma collettiva prevede una sorta di contrappeso, stabilendo che la modifica non possa essere eseguita se non con un congruo preavviso ed, in mancanza, con il riconoscimento di un’indennità sostitutiva di carattere economico, quale strumento di bilanciamento del diritto potestativo della preponente, secondo i criteri generali di correttezza e buona fede previsti dagli artt. 1175 e ss del codice civile.

In conclusione, il principio qui in commento, così come affermato dal Giudice,  vuole che, nel contratto di agenzia, l’attribuzione alla preponente del potere di modificare talune clausole e, in particolare quelle relative all’ambito territoriale e alla misura delle provvigioni, può essere giustificata dalla necessità di meglio adeguare il rapporto alle esigenze delle parti, così come si sono modificate durante il corso del tempo. Ma, affinché ciò non si traduca in un sostanziale aggiramento del patto tra le parti che il contratto rappresenta, è necessario che tale potere abbia dei limiti e, in ogni caso, che sia esercitato dal relativo titolare con l’osservanza dei principi di correttezza e buona fede.

Egidio Paolucci

 

[1]Aec 20.3.2002, art. 2, co. 3 : Le variazioni di zona (territorio, clientela, prodotti) e della misura delle provvigioni, esclusi i casi di lieve entità (intendendosi per lieve entità le riduzioni, che incidano fino al cinque per cento del valore delle provvigioni di competenza dell’agente o rappresentante nell’anno civile precedente la variazione, ovvero nei dodici mesi antecedenti la variazione, qualora l’anno precedente non sia stato lavorato per intero), possono essere realizzate previa comunicazione scritta all’agente o al rappresentante da darsi almeno due mesi prima (ovvero quattro mesi prima per gli agenti e rappresentanti impegnati ad esercitare la propria attività esclusivamente per una sola ditta), salvo accordo scritto tra le parti per una diversa decorrenza.

Fonte Limatola Avvocati