La crisi silenziosa del reclutamento degli agenti di commercio


La crisi silenziosa del reclutamento degli agenti di commercio

Il futuro della professione è una questione chiave e dimostra una preoccupazione generale nella categoria. I problemi di assunzione affrontati dai nuovi agenti non sono solo una questione demografica, ma sono intimamente legati alla percezione di una minore redditività economica del mandato, soprattutto a causa delle politiche miopi provvigionali e territoriali di molte aziende.

È un fatto noto che l’economia italiana si basa fortemente sulla sua vasta rete di vendita composta da centinaia di migliaia di agenti e rappresentanti di commercio che sono la linfa vitale del Made in Italy, garantendo l’accesso al mercato e la presenza sul territorio. Eppure, da anni, la nostra categoria avverte da tempo il problema del numero limitato di nuovi reclutamenti disponibili. Le statistiche mostrano un progressivo invecchiamento del settore e una crescente sfida nel colmare i divari generazionali.

La solita narrazione vede questo fenomeno come dovuto alla complessità fiscale o alla concorrenza tecnologica delle vendite on line, ma la realtà, come spesso accade, riguarda più le dinamiche relazionali ed economiche fondamentali al punto in cui la professione del venditore, in molte industrie, non fornisce più un reddito affidabile, sostenibile ed adeguato che deve essere prodotto.

Il motivo principale che lascia e mette in dubbio la professione si riduce principalmente alle politiche contrattuali restrittive di troppe aziende principali, che non vedono le provvigioni e il territorio dei loro agenti come un investimento strategico, ma piuttosto come un costo improduttivo che non può essere assorbito.

Falso, l’agente è praticamente a costo zero, infatti viene pagato solo per quello che produce.

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