È ora di correggere le criticità del mono mandato per gli agenti di commercio


È ora di correggere le criticità del mono mandato per gli agenti di commercio

Il problema del mono mandato è stato indicato dagli agenti di commercio come uno di quelli più urgenti da risolvere. 

È sufficiente leggere i risultati dei sondaggi realizzati dall'Associazione sindacale per gli agenti di commercio Usarci per rendersi conto della complessità dell’argomento. Lo conferma Giovanni Di Pietro, vicepresidente nazionale vicario dell’Usarci in una recente intervista a Enrico Toselli di ElecToMag.

La quasi totalità dei viaggiatori piazzisti, lavoratori dipendenti addetti alla tentata vendita sono stati trasformati, nell’ultimo decennio, nella quasi totalità dei casi in agenti in tentata vendita, tutto ciò al fine di eludere le tutele riservate al lavoratore dipendente. Cosa più grave – spiega Di Pietro – è rappresentata dal sistema di pagamento, solo a percentuale sul venduto, con provvigioni che troppo spesso non superano i 1.500 euro lordi mensili, dai quali devono detrarsi le tasse a cario del venditore, l’Inps che ammonta ad € 3.800 annuali, e senza tredicesima, ferie pagate e malattia a carico del lavoratore. In pratica, un reddito ben al di sotto della pensione sociale”.

Ma l’agente di commercio è sottoposto anche ad altri vincoli?

Sì, perché dobbiamo aggiungere che l’agente in tentata vendita non può tecnicamente rappresentare altre aziende, ma è costretto a vendere solo i prodotti dell’unica mandante, in quanto il furgone è fornito dalla azienda, e, nel contempo, gli viene fatto firmare un contratto in qualità di agente plurimandatario al fine di concedere in caso di disdetta del contratto, un preavviso inferiore a quello dovuto al monomandatario, ed un versamento contributivo ai fini della pensione ENASARCO, notevolmente più basso e riservato per l’appunto ai plurimandatari”. 

Come si possono superare alcuni di questi vincoli, o soprusi?

Secondo quanto disposto dalla Riforma Fornero – prosegue Di Pietro –  la prestazione lavorativa resa da persona titolare di Partita IVA si presume come collaborazione coordinata e continuativa quando siano verificabili almeno due delle seguenti condizioni:

•  durata complessiva della collaborazione superiore a 8 mesi annui (pari a 241 giorni, anche non continuativi) nell’arco di due anni consecutivi;
• corrispettivo, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro di imputazione di interessi, pari a più dell’80% dei corrispettivi del collaboratore nell’arco di due anni consecutivi;
• postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.

Finora la verifica di presunzione era inapplicabile, poiché era necessario un arco temporale di almeno due anni, ma ora i controlli potranno prendere il via. Nel caso in cui vengano verificati almeno due dei precedenti presupposti il datore dovrà obbligatoriamente assumere il lavoratore”.

Il fenomeno delle false partite Iva può essere risolto, e in che modo?

Proponendo, ad esempio, che per gli agenti monomandatari i quali non raggiungano un reddito minimo lordo pari a tre volte la retribuzione lorda di un lavoratore dipendente di settimo livello, il contratto si trasformi automaticamente in plurimandato.

In alternativa si chiede almeno che anche gli agenti di vendita in tentata vendita e/o comunque in monomandato, possano essere inclusi nella legge 92/2012.”.

Le aziende nel corso dei rapporti con i loro agenti hanno il potere di modificare unilateralmente la zona geografica prevista contrattualmente assegnata, di ridurre la percentuale provvigionale prevista nel contratto, di escludere dal portafoglio assegnato alcuni clienti, solitamente quelli economicamente più significativi, anche acquisiti dall’agente. 

Quali tutele ha l’agente? 

Al momento manca una tutela normativa. Bisognerebbe rifarsi alla legge n. 192 del 18 giugno 1998 sulle posizioni dominanti, ove all’art. 9 pone il divieto di abuso di dipendenza economica, peraltro presente anche nel codice civile che legittima il “controllo contrattuale” con l’art.2359 n. 3, il quale, in ambito societario, considera soggette a controllo “le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa”. I vincoli che assicurano tale “controllo esterno” sono proprio i contratti “che comportano una posizione di dipendenza economica” di una società nei confronti di un’altra e “tali sono normalmente i vincoli conseguenti a contratti di agenzia o di fornitura di merci in esclusiva, a contratti di franchising, di licenza di brevetto e di know-how ed in genere a rapporti contrattuali le cui prestazioni siano essenziali per l’attività di una delle due società”. Caratteristica fondamentale delle suddette ipotesi è lo stato di “soggezione economica” in cui versa la società controllata (agente, franchisee o licenziataria) la cui “stessa esistenza e la vita […] dipendono dalla società controllante”. Si dovrebbe dunque cercare di ottenere in via giudiziale l’applicazione analogica di quelle disposizioni normative. Con i costi ed i tempi facilmente immaginabili, oltre al rischio dell’interpretazione da parte del magistrato”.

Quindi l’unica strada concretamente percorribile è quella di un intervento legislativo?

Sì, pensiamo ad esempio per gli agenti di commercio monomandatari i quali non raggiungano un reddito minimo lordo pari almeno a tre volte la retribuzione lorda di un lavoratore dipendente di settimo livello, la trasformazione automatica in plurimandato del contratto fatta eccezione per il caso in cui la mandante contribuisca ad integrare la differenza tra le provvigioni percepite ed il minimo garantito a proprie spese. Occorre inoltre che l’Enasarco consideri alla stregua del monomandato tutti quei contratti che pur classificati come plurimandato, in realtà svolgono l’attività esclusivamente per una sola azienda e pretendere quindi il pagamento dei contributi previdenziali previsti per il mono al fine di garantirgli una pensione dignitosa”.